Ab Insula
Dall’IsolaAb Insula, letteralmente dall’Isola; dove l’Isola è quel micro-continente che prende il nome di Sicilia, da tre secoli il luogo del nostro lavoro in agricoltura. Da quando - negli ultimi decenni - il vino è divenuto il cuore delle attività agricole della nostra famiglia, abbiamo esplorato l’Isola quasi palmo a palmo: Ab Insula non è altro che la summa degli incontri più sorprendenti che abbiamo avuto in questi anni. Accanto alle nostre produzioni, si affianca oggi la distribuzione di prodotti della terra che condividono innanzitutto due comuni denominatori: traggono la loro unicità dalla bellezza e sono frutto del lavoro e della visione di persone straordinarie.
Serra Ferdinandea
Un luogo unico, in cui scorre l’energia dei sogni ad occhi aperti.
Un appezzamento di terra da vino di rara bellezza, tra macchia e boschi, a 400 - 450 metri di altitudine, ai margini occidentali dei Monti Sicani, nel territorio fra Sciacca e Sambuca di Sicilia; a poca distanza dal Canale di Sicilia, dal Monte Kronio (Sciacca) – dove è stato fatto quello che probabilmente è il più antico ritrovamento di vino di tutto l’Occidente, risalente a 6.000 anni fa – e dal palmento rupestre fenicio detto “della Risinata” (Sambuca di Sicilia).
Un'area dove la vite ha radici tra le più antiche del Mediterraneo, se non le più antiche in assoluto, come questi ritrovamenti archeologici sembrano testimoniare.
Un appezzamento di terra da vino di rara bellezza, tra macchia e boschi, a 400 - 450 metri di altitudine, ai margini occidentali dei Monti Sicani, nel territorio fra Sciacca e Sambuca di Sicilia; a poca distanza dal Canale di Sicilia, dal Monte Kronio (Sciacca) – dove è stato fatto quello che probabilmente è il più antico ritrovamento di vino di tutto l’Occidente, risalente a 6.000 anni fa – e dal palmento rupestre fenicio detto “della Risinata” (Sambuca di Sicilia).
Un'area dove la vite ha radici tra le più antiche del Mediterraneo, se non le più antiche in assoluto, come questi ritrovamenti archeologici sembrano testimoniare.
I terreni della Serra derivano dalla disgregazione e alterazione delle rocce calcaree che ancora affiorano ai suoi margini; un territorio vergine unico, che non vede l’aratro da secoli; una peculiare fusione tra ambiente mediterraneo e di montagna, un complesso organismo agricolo e floro-faunistico dove la vita microbica e degli organismi terricoli della zona esplorata dalle radici non è mai stata disturbata: si è cercato di disturbarla il meno possibile nella fase di impianto dei primi quindici ettari di vigneto, pronti a diventare 40 nei prossimi due anni. Da queste condizioni straordinarie è derivata la scelta di una gestione agricola che segue i princìpi della biodinamica. Completa il quadro l’impronta l’inedita partnership paritetica Francia – Sicilia che ha dato vita al progetto: carattere inconfondibilmente siciliano con una decisa impronta francese.
Castello Solicchiata
Un progetto unico nel suo genere.
Ideato a metà dell’Ottocento dagli Spitaleri di Muglia, famiglia di nobile e antichissimo lignaggio: il nome deriva infatti da “Ospedalieri”, cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e poi di Malta, baroni crociati arrivati sull’Etna per commercializzare vino alla fine del XIII secolo, sulla via del ritorno dal viaggio a Gerusalemme. Illuminati agricoltori, vantano il primato di aver riportato per primi la coltivazione della vite sull’Etna - dopo la sospensione dovuta alla dominazione moresca - e di aver perpetrato l’attività agricola seguendo l’avvicendarsi di diverse dominazioni e culture: dal fiorente commercio altomedioevale fino alla ripresa del XVI secolo.
Ideato a metà dell’Ottocento dagli Spitaleri di Muglia, famiglia di nobile e antichissimo lignaggio: il nome deriva infatti da “Ospedalieri”, cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e poi di Malta, baroni crociati arrivati sull’Etna per commercializzare vino alla fine del XIII secolo, sulla via del ritorno dal viaggio a Gerusalemme. Illuminati agricoltori, vantano il primato di aver riportato per primi la coltivazione della vite sull’Etna - dopo la sospensione dovuta alla dominazione moresca - e di aver perpetrato l’attività agricola seguendo l’avvicendarsi di diverse dominazioni e culture: dal fiorente commercio altomedioevale fino alla ripresa del XVI secolo.
Nel 1855, il barone Felice Spitaleri - il più giovane senatore del Regno d’Italia, tra gli artefici del risorgimento vitivinicolo italiano - concepì una visione tanto ardita quanto fascinosa: costruire sull’Etna uno chateau alla francese, con centinaia di terrazzamenti scavati nella roccia lavica e un modello di produzione all’avanguardia. La sperimentazione delle varietà alloctone francesi fu affidata al più famoso geo-botanico e ampelografo dell’epoca: Padre Francesco Tornabene, afferente alla famosa scuola catanese e fondatore dell’orto botanico del capoluogo etneo; la progettazione architettonica venne guidata da Andrea Scala, l’architetto del teatro Bellini di Catania, che si ispirò proprio ai palchi dei teatri all’italiana per disegnare gli oltre 300 ettari di terrazzamenti vitati.
Solicchiata diventa così il luogo d'elezione dove coltivare famose varietà alloctone e produrre grandi bottiglie, eleganti e uniche, in grado di dialogare con il mondo del vino internazionale, guadagnando i palcoscenici dei maggiori concorsi enologici dell’epoca. Il vino di Solicchiata vince il primo premio all’Esposizione di Londra nel 1888, il Grande Diploma d’Onore e Medaglia d’Oro a Palermo nel 1889, Vienna 1890, Berlino 1892, Bruxelles 1893, Milano 1894 e fu la prima fornitura ufficiale della Real Casa d’Italia, rimanendo il vino italiano più premiato ai concorsi internazionali del XIX secolo.
La tenuta, quasi inaccessibile ai visitatori - in rispetto della straordinarietà dei luoghi e della riservatezza della famiglia Spitaleri di Muglia - è parte di 60 ettari vitati, su una superficie agraria complessiva di oltre 300 ettari terrazzati. Solicchiata è il più grande vigneto al mondo ad alberello greco scolpito nella pietra, impiantato per il 70% a Cabernet Franc, 10% Merlot, 10% Cabernet Sauvignon e il restante a varietà Bordolesi minori; parte dello straordinario patrimonio del castello è il Feudo Boschetto coltivato interamente a Pinot nero con alcune piante che risalgono all’originario progetto del XIX secolo. Il catalogo è composto da 6 etichette – 3 a base Cabernet Franc e 3 Pinot neri in purezza. Solo varietà francesi, così come era la volontà del fondatore già da metà Ottocento.